martedì 17 gennaio 2012

Cinema danese/Antichrist





Sceneggiatura 7: diario delirante (cit.) sulla mancanza di significato del tutto, diviso in capitoli teatrali forzatamente sospesi tra una libertà espressiva questionabile e uno sbilanciamento narrativo a due velocità penalizzanti.
Scenografia 6: boschi di conifere, il porch in legno caro alla letteratura horror statunitense, interni intimisticamente bui di sesso e mutilazioni.
Cast 7: la follia schizofrenica della Gainsbrough è di un altro (premiato) livello rispetto a quella lucidamente insicura di Dafoe, più a suo agio nella maschera obliteratrice da psicologo.
Regìa 8: esteticamente e un po' gelidamente perfetto, immagini geniali che restano scolpite in mente, echi lynchiani di animali, onirismo notturno e rumori di sottofondo in quello che risulta essere alla fine il suo film più personale (cit.).

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