Sceneggiatura 6,5: giallo classico, a lettura lenta come le nottate afose narrate, dieci piccoli indiani l'ispirazione universale primaria cui impiantare orpelli dinardiani fantasiosamente imprevedibili, a rendere il ritmo una sincope impazzita di ritardi inattesi e accelerazioni subitaneamente eccessive. Chi lo vorrebbe capolavoro deve spiegare i farmaci animaleschi della pena di morte futuribile. Chi lo detesta dovrebbe rileggere altre partiture cui questa fa ombra, anche grazie a Tarantino.
Scenografia 7: una villa ipoteticamente futurista nella visione tardosanteliana dei sixties, declivi boschivi di lente passeggiate all'ombra dei delitti imminenti, Sardegna a scogli di un riflesso marittimo imprescindibile.
Cast 6,5: alla scuola delle statuette di colore, non tutti gli allievi ci mettono la stessa intensità. Notevoli i primi piani della Furstemberg, il dimenarsi all'apice della bellezza fenechiana, i consueti grugni professionali di Maurice Poli il Dottore.
Regìa 8: l'alta società e i menestrelli impavidi, il thriller contamina la visione baviana del dramma, a partire dallo strano gioco delle coppie in cui tutti i personaggi cercano di insidiare i partner altrui assumendo atteggiamenti sospetti (cit.). Pagine di grande cinema, di cadaveri impacchettati nella ghiacciaia, di biglie argentiche che cadono a profusione, di luci che si spengono nel silenzio degli sguardi. Assolutamente indimenticabile, anche per la colonna sonora prog.
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