La teatralità della fine di un amore mai nato domina la première partie di scrittori famosi che cadono dal piedistallo, essendo la realtà tanto diversa dalla nostra ingenua immaginazione. E un po' di lungaggini bermiche cadono ben impersonificate dal noioso marchese di Norpois, la convivenza forzata con persone con cui non esistono punti di contatto. Nei lunghi pomeriggi invernali senza un significato, posseduti solo dalla speranza di ricevere una lettera dall'amata, rivediamo le foglie cadute dei viali parigini, il buio precoce dei lampioni a gas, i nostri fallimenti amorosi infantili. Poi la climax insorge, fictious Balbec di stazioni ferroviarie, cattedrali e lande da scoprire, il nostro ego esploratore nelle conversazioni familiari con la nonna, il break improvviso quella fitta al cuore che solo certe ado possono regalare in una certa fase della nostra esistenza. E l'incertezza del protagonista davanti a tante opportunità impreviste è pari pari il nostro disorientamento, la scelta di un attimo sul soggetto dapprima emarginato, la lunga disputa vinta dalle affinità più che dal desiderio, i campi da tennis e i marciapiedi balneari, le camere di hotel dove consumare un approccio da ritentare: l'autore è Proust ma potrebbe essere il nostro diario dei ricordi. Ad Andrée, Albertine, Rosemonde e Gisèle e alle loro omologhe, ovunque nel tempo e nello spazio. VOTO 8/9
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