venerdì 18 dicembre 2020

Letteratura contemporanea/Deaver

 

Onore al merito per il prolifico scrittore di thriller statunitense. Trama classica, allungata con personaggi minori durante la centralità lenta dell'indagine, ma senza mai perdersi in dettagli inutili. Credibilità buona, altro punto in saccoccia non propriamente scontato. Ciliegina finale: si 'vedono' le ambientazioni, ogni tanto il buon Jeffrey lancia qualche descrizione illuminante di località, strade, palazzi. Prevenzione ribaltata, avanti così. VOTO 7,5





Cinema italiano/Rose Island



Sceneggiatura 7,5: il coraggio di (ri)portare alla luce un episodio chiaramente dimenticato, ma illuminante per aprire gli occhi della gente su cosa siano gli stati, con qualche ammiccattura all'impossibile di copertura. Chapeau.
Scenografia 7: Bologna e gli anni dell'università, qualcosa che abbiamo vissuto anche noi, con la stessa partecipazione emotiva delle belle riprese. L'isola è a Malta, ben riprodotta. Forse avevano paura che arrivassero le vere navi, riprendendo in Italia.
Cast 6,5: i politici sono le vere macchiette, non è dato di sapere se per volontà registica nel mettere in cattiva luce l'Italia o per la resa poco convincente di Zingaretti e Bentivoglio. Bene Germano, non è certo una novità.
Regia 6,5: Sibilia usa una bella luce, anche quando piove a dirotto. Una composizione che pecca (ancora una volta, forse volutamente) di realismo in una splendida storia anarchica.

Cinema americano/L'immensità della notte



Sceneggiatura 7: quando lo sci-fi è poesia pura, quando il non detto parla, quando l'attesa vale un finale che non ti aspetteresti, da vero intrattenimento per cinefili.
Scenografia 8: Whitney, Texas, recita per una vicina e similare località del New Mexico, lunghe e spettrali strade silenziose, deserte nelle notti poco illuminate delle trasmissioni radio.
Cast 7: due paia di occhiali iconiche che condividono un mondo a parte, tra i segnali alieni e i blackout della comunicazione. 
Regia 7,5: riprese fortemente artistiche, una luce blu che fa innamorare, non si avverte la lentezza spasmodica del ritmo, espediente narrativo che vola via leggero, come orme di scarpe su di un campo da basket.
 

mercoledì 2 dicembre 2020

Horrorland/The Call (Korea 2020)



Sceneggiatura 8-: dare un significato vincente ai salti temporali, con le situazioni che si modificano in diretta, a cavallo di due telefoni nel 2019 e nel 1999. Il segno meno è per un finale che vuole stupire oltre, o forse solo aprire la porta a un sequel.
Scenografia 7: vanno in rovina facilmente, i negozi di fragole, e anche i corridoi di una villa dove icone a specchio collegano omicidi.
Cast 8: eccezionali le due protagoniste in una gara di bravura che eccede quella per la sopravvivenza, c'è del costume e c'è tanta filosofia contemporanea.
Regia 7,5: la tensione del thriller e le punte gore dell'horror, un mix perfetto in una pellicola che si sostiene anche per la qualità delle riprese, mai lente, mai ripetitive. 
Da vedere.

Horrorland/Don't Listen

 


Sceneggiatura 6,5: parte come un Sesto senso qualsiasi, ma deriva subito, ben oltre le pretese enciclopediche da malattia rara, guadagnando vitalità in itinere.
Scenografia 5: piastrelle blu, pigiami a righe. Suicidi dalle finestre superiori. Una villa spettrale che non viene resa con la convizione necessaria.
Cast 5: il team che fa luce, il marito sconvolto, la madre glaciale, sono tutti abbastanza inadeguati anche solo a restare all'altezza della recitazione del giovane finto protagonista,
Regia 6: c'è troppa verbalità, c'è insofferenza alla paura vera. Confezionamento che strizza l'occhio ad altre produzioni fortunate, siano esse trilogie o serie televisive.