martedì 31 gennaio 2012

Letteratura classica/Dostoevskij


Monolitico. Terminale. Illuminante. Prolisso. Avvincente. I 5 aggettivi per definire l'opera più nota (ma non la migliore in assoluto, n.d.b.) del maestro russo qui alle prese con rapporti di parentela e innamoramenti da teatrino come mero sfondo alle note questioni universali di religione e redenzione. La vivida descrizione dei personaggi, nonostante i fondali sfumati, ne fa a priori un capolavoro, con pagine meravigliose (il litigio inziale, il dialogo tra i fratelli Ivan e Alesa, la bettola dei polacchi, l'omicidio narrato dal non protagonista, estratti dal processo) e altre più lente (il bambino malato, la morte dello starec, Alesa e Lisa). Comunque imprescindibile. VOTO 8


lunedì 30 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Malick


 

Sceneggiatura 5: un caleidoscopio delle intenzioni, escatologia ad libitum di prevalenza pesante e distribuzione squilibrata, temi universalmente arcinoti, similarità forzate tra unicum eternati e tentativi di facile presa. 
Scenografia 5: un villaggio che di texano non ha nulla oltre l'effettiva posizione, due strade alberate di cascine polacche del dopoguerra, deliri pennici su rovine maltesi imdbiane.
Cast 7,5: primo punto forte del film le recitazioni di alto spessore, Jessica Chastain amore materno e comprensione multipla, le star di nome (ma per Penn è poco più di un cameo) e i nuovi baluardi di Hollywood. 
Regìa 7,5: stile profuso con consapevolezza della propria arte, la casa in legno e l'albero della vita sempre con un punto di vista diverso e puramente estetico, gli inserti documentaristici notevoli per colore, il prodotto finale viziato dalla totale assenza di emotività osmotica.


venerdì 27 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Refn




Sceneggiatura 7: thriller sui generis di tarantiniana lontana memoria, le atmosfere completamente diverse, di testimoni che si uccidono l'un l'altro con semplicità eccessiva a far perdere la bussola alla bella storia d'amore abilmente mascherata.
Scenografia 7,5: la città degli angeli in versione notturna, di voli d'uccello sfuocati a downtown e backstreets per ripararsi dalle volanti di polizia, note canalizzazioni da videoclip e un buio prettamente romantico.
Cast 7,5: il driver non ha un nome ma un volto ben definito di freddezza superficiale e abilità sotterranea nelle fattezze misurate di Ryan Gosling, tenera Carey Mulligan, i cliché influenzano vene strappate e volti pugnalati.
Regìa 8: Refn l'eroe di Cannes dona un retrogusto eighties alla pellicola, il fucsia del font dei titoli iniziali, la musica pop e le vecchie Chevy, nell'alternarsi di riprese di ottima fattura e illuminazione si crea da subito la consapevolezza di un classico futuro.



giovedì 26 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Von Trier



Sceneggiatura 8: un prologo estetico e risolutorio (sulla cui utilità qui si eccepisce, n.d.b.) lascia spazio al  dramma apocalittico con la d maisucola, vissuto dagli occhi femminili della finta misoginia nella solitudine dei campi magnetici impazziti, tra fenomeni naturali (neve, grandine) che potevano avere più spazio.
Scenografia 7: una sola location, un limite ben sfruttato di esterni illuminati ad arte e tonalità grigie di un isolamento annunciatore, a riflettere le due parti della storia.
Cast 8,5: la Dunst è come un vecchio tempo latino, più che perfetta, disperazione precoce di sentimenti scombussolati e rassegnazione totale della fine imminente. Qualche smorfia di troppo per una Gainsbourg comunque sempre all'altezza, realismo alla massima potenza anche per un rinato Sutherland.
Regìa 9: non fosse per qualche zaratustrata iniziale di troppo, il massimo dei voti premierebbe questo capolavoro di angoscia cinematografica, capace di alternare una steadyshot dogmatica di vestiti bianchi e prati verdi con una lentezza paralizzante indirizzata all'inevitabile, tra cavalli imbizzarriti e pillole che non si trovano, il pianeta che si avvicina un incubo ricorrente degno della storia del cinema.


mercoledì 25 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Almodovar



Sceneggiatura 8: l'idea del genio persino perfezionata, sottotrame che si incastrano, tematiche care al regista di cambi di sesso ma non di identità, stupri e vendette, madri coraggio e servitori del dovere ben poco esemplari.
Scenografia 5: Toledo è solo una vecchia foto da cartolina che apre il film, la strada di Pontevedra una Spagna portoghese assente dagli schermi di interni colorati dalle emozioni.
Cast 5,5: fredda la resa di un Banderas brusco, l'assenza della musa coperta in un certo qual modo dalla sostituta, ZecaZalone inguardabile.
Regìa 7: Lentezza di circostanze che appesantiscono la brillantezza del soggetto, la solita tecnica del flash-back a risollevare l'anima noir della seconda metà frankensteiniana. Esattamente a metà tra l'occasione persa per il capolavoro e la peggior pelicola almodovariana.


martedì 24 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Mihaileanu



Sceneggiatura 7,5: voci che scendono in campo, attualità ad ampio raggio, l'impenetrabilità della finzione come autodifesa, il messaggero divino che trova ostacoli imprevisti nel perpetrare la sua visione del Corano. Notevolissima l'idea, troppo astratta la realizzazione.
Scenografia 5-: rocce di sorgenti cui attingere acqua, il parlato arabo e l'assenza di architettonicità nelle vesti universali del velo lasciano volutamente sul vago la collocazione spaziale.
Cast 6,5: coralità colorate, misoginia dal cappello, barbe narranti, cerimonie da lavaggio piatti, diari scritti a mano con calligrafie poco intonate all'ambiente. Non interessa l'individualità del personaggio.
Regìa 6,5: non opere d'arte ma spallate alle convinzioni radicate, lo stile inequivocabile sospeso tra dramma e commedia è finalizzato principalmente al racconto con strutture lineari e scene di media durata. Ben realizzato, ma con gravi carenze di emozionalità.


lunedì 23 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Leigh


Sceneggiatura 6: erotica la facciata, estetica la resa, molte altre informazioni si celano sotto la patina dell'apparenza, nessuna delle quali volutamente trascinata a denuncia.
Scenografia 5: cinepresa rigida sui personaggi, nemmeno i trasferimenti concedono qualcosa al paesaggismo muto di una villa in stile italiano in Australia (il deja vu con Eyes Wide Shut inevitabile).
Cast 6,5: perfetta la Browning seconda scelta di freddezza immane pari all'apatia del personaggio descritto, l'improbabile della trama acuito da troppi carneadi che recitano palesemente una parte.
Regìa 6,5: scene brevi e demistificanti di esperimenti a cavie umane, uffici a fotocopie, corsi univeristari gremiti, bar sempre nell'orario di chiusura, lounge di neve in polvere, appartamenti a baci rubati e letti agiati di giochi erotici con un manichino vivente.


venerdì 20 gennaio 2012

Kaurisrondus the 15th




Sceneggiatura 8: sconfessata dal finale, un sole pallido fuori dalla porta, la nota ballata kaurismakiana della disperazione nella quotidianità acquisisce forza se si rilegge a ritroso la discesa della china con un animo onesto. C'è sempre un Dubrovnik che chiude da qualche parte nel mondo, e non deve essere per forza un dramma.
Scenografia 7: a lungo invisibile di appartamenti e bar, la capitale dei percorsi del tram ha meno suggestioni di altre pellicole similari del regista, non si dimenticano però gli interni di classe della ristorazione passata e futura.
Cast 7,5: nello spettro di scarsa variabilità delle recitazioni outineniane la prova della capocameriera vale certamente il podio (inferiore solo alla Fiammiferaia, n.d.b.), il gigioneggiare senza vera sofferenza tra case da gioco è del partner improvvisato, la dignità di gruppo del personale licenziato.
Regìa 7,5: meno quadretti e più scene realistiche, la bicchierata a cocktail, il colloquio in banca, il chiudersi delle porte, la faccia massacrata nella stanza d'hotel. Per compattezza complessiva il Kaurismaki per eccellenza, come volevasi dimostrare.


Kaurisrondus the 14th



Sceneggiatura 7,5:  la madre viva nello sgabuzzino al termine di un'epopea onirica riporta alla realtà l'esistenza di una coppia di diseredati kaurismakiani, capaci di sognare la fuga senza altri visibili desideri.
Scenografia 7: Finlandia di provincia (e la nota ai viaggiatori stazione ferroviaria di Tallinn, n.d.b.), nobilitata da vecchie auto anni '60, l'atmosfera rétro delle balere e dei tavolini metallici.
Cast 7: l'ultima apparizione del buon Pellonpaa già sofferente, per compagno protagonista un cupo futuro acquirente di automobili, tra le ex sovietiche la Outinen non ha vita facile a prevalere.
Regìa 8: poesia a volte melliflua ma convincente, la desolazione degli interni ben si accoppia al mutismo diffuso della breve pellicola, inondata di suggestioni passate a eternare verità universali.

giovedì 19 gennaio 2012

Depalmiadi/Omicidio in diretta


Sceneggiatura 7,5: lo spendibile non si esaurisce con la semplice soluzione del dilemma (anticipata a metà pellicola), di una storia verosimile tra complotti politici e attivisti pacifisti nel marasma culturale americano di fine millennio.
Scenografia 7: splendidi interni (ricostruiti in Canada, n.d.w.) di gradinate e ring, casino e corridoi di hotel vegaslike, il monsone e la difficoltà imposta degli esterni. 
Cast 7: grandiosa prova di Cage, eroe senza macchia improvvisato, latita altrove la recitazione tra occhiali caduti e uniformi della marina.
Regìa 7,5: i quindici minuti iniziali, poi rivisti da altre angolazioni, valgono già da soli la magnificenza estetica di tutto il film, altri preziosismi virtuosi seguiranno tra stanze viste dall'alto e operai al lavoro sui titoli di coda.