martedì 30 dicembre 2014

Flags/K B Q






NATALE NEI PAESI ARABINI

Gli sciatori non andranno in montagna, già si sa. E il poeta del tablet scatta immagini di schermi informativi, il sovraffollamento dell'aeroporto minore, i bus dell'aria di mancata puntualità che non ripaga della scomparsa dello 'scivolauo'. Il numerino preso di corsa, 'non è più necessario rimettersi in coda all'immigrazione', i dinari che volano anche per un timbro esentato recentemente ai passaporti italiani. La chance è dell'abusivo, l'ora tarda di ville in stile nuove di zecca e qualche condominio polveroso tra le righe, Liberation Tower di un conflitto latente, mete importanti disperse in laterali per chiusure di un turismo inesistente. First time? Il certificato di matrimonio apre le porte di un appartamento dal nome recentemente cambiato, le TV ancora a tubo catodico, il water heater della notte breve kuwaitiana. E l'hummus della fame e del buon appetito, copricapi tenuti da un cerchio nero, veli e borsette Chanel, i marciapiedi di svincoli assegnati alle auto in paesi dalla benzina quasi gratis. Scuole femminili colorate, ruderi di qualche epoca lontana, rotonde di palmizi, edifici ministeriali chiusi al traffico, un primo taxi non arancione per il landmark del lungomare, tre torri bianche e azzurre di passeggio e foto ricordo. Aree giochi e parchi acquatici chiusi, la spiaggia di una petroliera, Sharq Marina e le torri del vento rivisitate, 'my lovely place', 'quando saranno pronte le pannocchie?' tra Lalaloopsy e caffé arabici di brand locali per 4 milioni di abitanti a città stato. Okra salad un richiamo di segnali di inappetenza, una panchina da condividere, il richiamo del muezzin nel porto turistico, l'infilata dei dhow originali, le residenze dell'emiro inaccessibili, la moschea di stato un gioiello del 1986. Tra le aiuole dei fiori spunta un tramonto di periferia a panni stesi e piastrelle in demolizione, Hamra Tower in concrete, il lusso fuori portata di un cinema sul tetto, il modello occidentale prevalente anche nel paese dal più basso consumo alcolico, case in pietra di accoglienti ristoranti sempre immancabilmente libanesi. La radio della plastilina e dei prismi colorati nei corridoi, le labbra bianche del disastro imminente, desertata è la colazione, one more hour please, la fuga in taxi sino a Salmiya, tardi per i delfini, si fumano 200 sigarette vaporose tra pesci succulenti e compagnie miste del loco. Tche Tche, è già ora di salutare tra edifici intravisti in lontananza e reminiscenze di enciclopedie dell'era del nulla, le boule solo grandi, i corridoi aeroportuali una prova di corsa con carrello a final call Gulf Air. 'I controlli sono meticolosi', la Farnesina e gli abbagli, il relax è Novotel Al Dana, someone was having pizza in Papa John's, il cambio della BMW traballa, la pappa non è stata molto elegante, NY Fries comunque da tenere d'occhio nel delirio delle code del weekend a City Centre Mall. This is Bahrain! Piscine agognate, spiagge dorate. Natali arabi, cuochi per l'omelette. Fidippide e la digitale, il teatro e il museo, Dilmun di pochi reperti e ricostruzioni interessanti, il costo della vita da misurare con gli affitti. Cubi rossi a sigle, giardinieri che salutano, taxi che inchiodano e rischiano l'incidente con gli expat, visita guidata tra materiali preziosi e politica di scelte femminili, 'we will never be together without mutual understanding'. Juffair lascia suggestioni, gli hotel economici del primo periodo di Nidal, a piedi sino al Bab el Bahrain nel ricordo di rivoluzioni mancate e perle demolite, un modesto charcoal indiano nel viavai del centro finanziario impolverato, il suq trasformato in piccolo mall dalle porte in legno e dalle saracinesche abbassate. La famiglia è un park nella notte del ponte della base americana, un passaggio a vetri oscurati nel verde dei forti portoghesi illuminati, un viaggio breve sino all'isola artificiale semivuota, il waterfront e la caverna, il passeggino e le corse dei bimbi, la firma di Alfredo sulla grigliata mista. Muharraq scavalca Manama proprio mentre una news locale annuncia il quarto ponte di collegamento tra la capitale presente e quella passata, le macchine di grande cilindrata ruggiscono agli incroci, il percorso studiato tra bar 'islamiya al arabiya' style e restauri di materiali storici impreziositi da mostre di artisti romeni. Il giardino verticale marcisce, il venditore di dolciumi ha l'insegna visuale, lo sterrato delle vicinanze lontano dai giudizi delle colonnine, un break per un simpatico venditore di thé e datteri, la replica delle case tradizionali ignorata dalla componente femminile della piccola famiglia. E la calata spirituale è semplice e quotidiana, i massi in recupero di cartelli colorati, poi finalmente il percorso pedonale di un gruppo di indiani, teatri per consultazione di libri, piccoli ristoranti d'atmosfera minimale, il tonno non è tonno, murale di arte contemporanea, il progetto a lungo termine dello studio di architettura belga. L'ultimo trasferimento con la berlina nera, un'aquila imponente, Happy National Day, più breve fu solo un Buenos Aires-Montevideo. Tante volte accarezzata quell'uscita, stavolta non si va ai transiti, è coda e agitazione tra gli impiegati turbantati e arroganti, bagagli come sempre già depositati ai nastri, un servizio appropriato di taxi azzurri col logo dell'aereo, simpatia aggiunta ('Welcome to Qatar'), life is easier with Booking.com but we needed a different accommodation because of Alina's visa. La I del City, furti alla reception e case di panpepato, sorrisi per un cambio valuta e ascensori che portano sino alla sommità delle luci e della bella vita, no kids allowed, la vista su West Bay indimenticabile dal 38.piano della notte di Doha. Now you can watch your clouds, 107 is a magic number of sushi and laksa. Il jogging è dietro l'angolo, il mall invecchiato precocemente di caffetterie statunitensi, parcheggi sotterranei e riflessi di sabbia su ogni vetro, lavori in corso ovunque al profumo di curry, strisce pedonali rapide e inconsulte, emiri e famigliole, playground e volano, Costa coffee e moli per attraversamenti della baia. Il deserto chiama ma l'escursione dovrebbe più opportunamente partire alle 13, un Club Sandwich da ingozzare, figurine di santi in cicoccolato, a piedi nudi tranquillamente, la piscina sul tetto di vache a dorso e tuffi che infastidiscono, il concierge e il suo ruolo nel selezionare la compagnia di taxi opportuna. Il vecchio cellulare squilla, petrol, traffic, one hour to go out of Doha, welcome sir, no cammellata, cinque minuti per cambiare la pressione agli pneumatici, scatti disperati di panoramiche pessime, lo spettacolo dell'Arabian Adventures, it's getting dark and we go down the dunes. La ricerca della fonte d'acqua dolce sotto il mare porterà alla discesa rotolante degli angeli, al copriobiettivo e al mare interno che fa da confine con la terra poco ospitale delle stuoie e degli stracci, un fuoco acceso nella notte per un thé di rituale nella tenda beduina. Camminiamo da soli nella notte, la corsa delle macchine fotografiche, lo Strata e il menu del Christmas Eve, si opta per le recensioni, il panorama azzurro e multicolor del Mourjan sacrificato per i discorsi datati dei papaveri della Federazione Italiana Giuoco Calcio, una vigilia a mezze calde e fredde e olive per Charlotte. Rimane il giorno che fu dei cinepanettoni, scacciare l'arabo pigro dovere di ogni sionista, operai dalle tute vivaci al lavoro senza sosta per rose dei venti e piramidi parigine, un Suq Waqif di falconi e hotel, arcate recuperate e spiazzi per cavalli, finte giostre e ristoranti siriani per una shisha del pranzo di Natale. La luce si spegne sull'ultima attrazione, splendida posizione, incantevole collezione, un Caffy di pietre preziose e uscieri al buio, il wifi nell'aria del Medio oriente, Flamigni al pistacchio e colori industriali al secondo piano, dolci al wasabi e un'ultima cena libanese tra i film d'epoca. Che già lo sappiamo, la nostra regola è Cobus, Cobus.

domenica 28 dicembre 2014

Letteratura contemporanea/Malvaldi V


Riproporre la vecchia ricetta della tetralogia iniziale, i personaggi esageratamente inaciditi, la dimensione territoriale appena abbozzata. Trama lenta e pretestuosa di truffe e veri omicidi dall'intreccio semplice semplice. Potremmo definirlo un tentativo (di recuperare la verve passata). VOTO 5

martedì 16 dicembre 2014

Dynabyte Discography

 
Cadaveria trasforma in oro tutto quello che tocca.
 
 
2KX (80) cover 59
Equilibrium (83) F.T.L. (79) Normal (79)
Hereditary neuronavigation (80) Cold wind of fear (81) Artmix (78)
Speed (80) The mummy (84) I'm not scared (77)
Stones (78) Wave (82) Blinded by my light (81)
 
 
EXTREME MENTAL PIERCING (80) cover 30
I'll rise (79) I'm my enemy (82) I stand still (82)
In another context (83) Final condition (80)
 

Cinema francese/Il principe del deserto

 
 
Sceneggiatura 5,5: Arabia tra romanzo, finzione e realtà ereditate, un romanticismo datato che non è inopportuno applicare alle vicende della zona, la prova del territorio in un kolossal dallo script poco adattato al format cinematografico.
Scenografia 6,5: bellissime scene desertiche tra Tunisia e Qatar, dune di sabbia scivolose per un miraggio di sorgenti d'acqua dolce, campi nomadi e pozzi di petrolio dell'ingenuità occidentale.
Cast 5: arabi recitati da attori del mondo infedele e infecondo, ma il cromosoma locale non salva dal naufragio collettivo tra morti ammazzati e vendette di figli rapiti.
Regia 6: Annaud filma con mestiere senza cadere del tutto nella retorica di certi dialoghi triti, i costumi e gli scenari assolutamente propizi per panoramiche a volo d'uccello.
 

venerdì 12 dicembre 2014

Letteratura contemporanea/Haynes


Lynda LaPlante non nasce tutti i giorni in Inghilterra. L'acclamata Haynes sforna pagine e pagine di nulla, utilizzando in maniera assolutamente poco attraente l'abusato flash-back, persino dominante come rilevanza sulle inutili vicende del 'quotidiano'. Già il titolo è sbagliato e non porta a nulla, nemmeno nell'aberrante traduzione francese (Ecume de sang, n.d.b.). I personaggi sono di carta velina, a essere generosi, e la storyline senza capo né coda non riserva nessuna sorpresa o intreccio successivo al primo cadavere, solo barche ormeggiate e una marea di noia. VOTO 3,5

Cinema americano/Grand Budapest Hotel



Sceneggiatura 8: l'omaggio a Zweig va molto oltre, dai toni tipicamente andersoniani della commedia surreale sino a una semplice quanto curiosa struttura a scatole cinesi di flashback. Genio puro.
Scenografia 7: l'hotel di cartone causa sgomento tra gli amanti dell'architettura che emula, una buona fotografia garantisce location cristalline tra piste di slittino e treni di ispezioni.
Cast 7: non tutti gli interpreti del cartellone celebrativo delle celebrità sono a proprio agio, con Brody, Law, e lo stesso Abraham a zoppicare, da Fiennes protagonista l'interpretazione più riuscita.
Regia 8: riprese che spaziano su molti stili, prediligendo come sempre un colorismo estetico da trademark, ritmo incalzante da epopea dell'assurdo, pause e dilatazioni in una personalizzazione sempre più evidente.

domenica 30 novembre 2014

Cinema francese/Cena tra amici



Sceneggiatura 6,5: copia e incolla dal successo teatrale omonimo, un testo che tiene alla prova della cinematografia grazie a un mix alternato di divertimento e riflessione.
Scenografia 6: la sventagliata iniziale di una Parigi dalla monumentalità mattone plana su di un interno che non fa alcuno sforzo per perdere la sua anima da palcoscenico.
Cast 7,5: tante frecce all'arco della resa finale, dalla sfortunata Benguigui (RIP) all'irresistibile Bruel, il valore aggiunto della cinepresa al vaglio dei sociologi.
Regia 6: gli stessi autori della pièce originaria mandati a dirigere una pellicola, non c'è fantasia alcuna né arte misconosciuta, ma solo una ligia riproposizione di inquadrature sceniche.

Cinema francese/Nella casa



Sceneggiatura 8,5: così nasce il grande cinema, l'ispirazione che reinventa l'illuminazione, passi teatrali che si fondono, poesia astratta e autocritica spietata della società contemporanea. Must.
Scenografia 6,5: la sola casa del titolo è interessante ai fini della storia narrata, il giardino delle confessioni, una banlieue parigina di raccordo che si intravede nei passaggi obbligati.
Cast 8: fantastica prova corale, dalla coppia Luchini/Scott Thomas che rimanda a quella Allen/Farrow sino alla vacuità da conseguenze del giovane virgulto germanico.
Regia 7,5: facile il coinvolgimento del pubblico tramite la tecnica metacinematica, essenziale peraltro per una narrazione non lineare e dalle sorprese in serbo. A suivre (cit.).

venerdì 21 novembre 2014

Cinema europeo/Treno di notte per Lisbona



Sceneggiatura 6: un soggetto letterario di sicura presa, annacquato da una trasposizione impersonale che affida i flashback a lenta narrazione, sino all'inevitabile lieto fine interrotto.
Scenografia 7: Berna è strepitosa nei pochi shot iniziali di ponti invernali e fogli che volano, più passiva la fotografia lisboeta, sicura della resa per la bellezza oggettiva degli scorci.
Cast 6: Irons inforca occhiali di miopia, assolutamente plausibile anche come interpreti il quadro delle atmosfere settantiane violente e repressive nelle riunioni segrete della resistenza.
Regia 5: un ritmo sonnolento che trascina elementi di dialogo a primi piani, senza un cambio di passo adeguato nelle scene clou, il sentimentale a prevalere inevitabilmente sul thriller.

Letteratura contemporanea/Ford


Fiction storica ben realizzata, un'alternanza non sistematica di quarant'anni di intervallo temporale a dipanarsi tra un vago presente made in the 80's e un passato di pregnanza documentaristica che fa luce sulle comunità etniche della formazione della società americana. Titolo italiano 'Il gusto proibito dello zenzero', stranamente preferibile all'originale per la cristallizzazione efficace di uno dei due nodi storici della trama, un finale sentimentale a spianare la strada ad un adattamento cinematografico hollywoodiano. VOTO 6/7

domenica 16 novembre 2014

Horrorland/Hatchet II



Sceneggiatura 3: inclassificabile operazione commerciale che brucia sul nascere le possibilità di fare di Vincent Crawley l'icona dell'horror che manca alla contemporaneità, tutto è identico al film precedente, la sola barca sostituita da una spedizione a piedi.
Scenografia 5,5: sequel che ricalca pedissequamente le atmosfere della pellicola originale, dal vomito agli angoli di strada del Mardi Gras sino alle liane buie di omicidi slasher in sequenza numerata. 
Cast 5: superstiti che cambiano pelle, morti che si reincarnano, il tono complessivo un filo più debole rispetto all'incipit, fatta salva la medesima profilazione di decenza non improvvisata.
Regia 6: Adam Green replica per contratto e scarsa ambizione la ricetta già zoppicante del primo episodio, la sufficienza è il premio agli effetti speciali replicati di un'occasione più che sprecata.


mercoledì 12 novembre 2014

Horrorland/Hatchet

 
 
Sceneggiatura 6: il recupero del canovaccio slasher con variazioni minime di paludi (care ad altre tematiche dello stesso filone, n.d.b.), l'incipit e la lunga attesa centrale, la mattanza terminale, tutto scorre su binari di troppa sicurezza.
Scenografia 5,5: il Mardi Gras nella sua versione più veritiera di comitive alcoliche e impostori che tentano la fortuna, vomito sugli angoli di strada, la leggenda di una casa sul fiume.
Cast 5: stereotipi più profilati rispetto alla media ridicola dei film di genere (della stessa provenienza geografica, n.d.b.), sforzo inutile data la resa ai limiti dell'amatoriale nell'intro neworleansino.
Regia 6: Adam Green un nome ricorrente, il compito della cinepresa focalizzato sulla furia sanguinaria di un assassino ad effetti speciali, intrattenimento puro senza pretese.
 

venerdì 31 ottobre 2014

Cinema di Hong Kong/Red nights

 
 
Sceneggiatura 7: intreccio classico di sesso e potere, regolamento di conti finale da manuale del thriller, manierismi lungo il percorso per annacquare gli elementi più bollenti.
Scenografia 6,5: vaghe e retoriche le panoramiche notturne di una metropoli potenzialmente splendida, gli interni morbosamente colorati di rosso recuperano fascino.
Cast 6,5: la cinquantenne killer cova malignità recondite, buona prova della femme fatale francese in elicottero e passaporto falso, stereotipi di malavita autoctona.
Regia 7: la coppia dei registi d'oltralpe, la base nella città semiautonoma, il citazionismo che limita la personalità del debutto al sadomaso horror, echi depalmiani evidenti, l'imprinting del cinema locale parimenti palese.