mercoledì 26 febbraio 2020

Cinema italiano/Il signor diavolo




Sceneggiatura 5: ciò che fa testo è letteratura, ciò che inanella riprese è cinema; impossibile non adattare la seconda forma d'arte alle sue peculiarità specifiche, lasciando lunghi capitoli descrittivi e chiuse affrettate.
Scenografia 7: Lio Piccolo rivelazione assoluta, locations che richiamano il profondo Po della gloria che si continua a inseguire, Venezia di grande compostezza monumentale.
Cast 4: a tratti imbarazzante (una per tutti: la scena dell'assalto di Emilio a Paolino), questa recitazione non può sopperire ai limiti di soggetto; anziché sostenere il film da sola, lo affossa completamente.
Regia 5: un incipit estremo che allontana subito, una patina settantiana che pervade sia la burocrazia romana che la chiesa sacrilega, solo dieci minuti di buio e attesa propizi, un finale più che spendibile gettato alle ortiche. 

martedì 25 febbraio 2020

Cinema tedesco/Oltre la notte


Sceneggiatura 7: la denuncia sociale che trapassa, tornare dove si è stati l'incubo ricorrente, la fratellanza terroristica del sistema giudiziario fragile quanto una vita spezzata dal nulla.
Scenografia 7+: spiagge greche di sigarette della periferia ateniese, squallide quanto la fauna che vi prende habitat. Amburgo multietnica e fascinosissima di bandiere arcobaleno, monumnetalità residenziale e pioggia battente.
Cast 8: Diane Kruger sempre al centro della scena, ripetuti e duraturi assoli di rara perfezione recitativa tra promesse di comparse per parti del copione.
Regia 7,5: stilisticamente perfetto, alternanza di primi piani e narrazioni, sequenze spezzate, la formalità dei tre atti per un dramma amarissimo che non fornisce volutamente risposte alle domande sollevate.


lunedì 24 febbraio 2020

Cinema francese/Il mistero Henri Pick



Sceneggiatura 6-: il manoscritto di successo e la fedele riproduzione, alchimie mutevoli che non possono condizionare l'introspezione azzerata dei personaggi per un finale di affrettata sorpresa.
Scenografia 6,5: qualche cartolina bretone e una strada parigina che si ripete sempre, locations persino magiche di una lontananza evidente dall'arte della fotografia.
Cast 6,5: la pellicola si aggrappa disperatamente a Luchini (la Cottin meno efficace), che la recitazione da sola non può bastare se manca completamente lo spessore psicologico.
Regia 6-: successo inspiegabile per una trama abbastanza indirizzata e una resa elementare che mette letteralmente in scena un testo, mantenendone inalterata la lentezza.

lunedì 17 febbraio 2020

92nd Academy Awards/Le Mans 66



Sceneggiatura 7: l'arroganza seduta a Modena è un filo troppo mafiosa, ma la storia è di quelle da raccontare, lo spettacolo della grande corsa in una sfida che accende e spegne vite.
Scenografia 6: poche immagini di locations mitiche, il deserto di una domanda rimasta senza risposta, la maniera degli intrallazzi nelle ville della penisola.
Cast 7,5: Bale è Miles, la sua semplicità, la sua onestà, il suo spirito di sacrificio, mentre sulle quinte si sprecano le minestre riscaldate per prestazioni incolori.
Regia 6,5: 2 ore e mezzo sono troppe per un dramma, la veridicità delle scene girate sulle auto d'epoca meritava inevitabilmente parte dello spazio dedicato alla trita spy story tra scuderie.

mercoledì 12 febbraio 2020

92nd Academy Awards/Storia di un matrimonio



Sceneggiatura 7: un divorzio coast-to-coast, anche le città possono dividere famiglie, tra i richiami alla filmografia di genere e una climax che esplode all'inverso.
Scenografia 7: la NYC alleniana e una LA di palme e strade dove non si può passeggiare, a prevalere (come nella storia narrata, n.d.b.) i convenience shops illuminati di un Halloween a villette.
Cast 8: magistrale duetto di amanti feriti, l'orgoglio dell'appartenenza in radici apparenti, quotidianità di coppia che cola a tutte le riprese, nell'avvocatura il germe della vittoria ad ogni costo.
Regia 7: un incipit lento, la narrazione e la quotidianità fiacca quelle di un Woody che non fa ridere, poi cambiano le prospettive e con esse l'intensità di scene e dialoghi.

martedì 11 febbraio 2020

92nd Academy Awards/Jojo Rabbit



Sceneggiatura 7,5: la favola che si intreccia con il dramma, la quotidianità di tempi che ritornano nelle storie da raccontare ai bambini, attimi di ghiaccio, attimi di leggerezza.
Scenografia 7,5: la Praga ebraica delle retate finali, ma anche la splendida Ustek delle case a punta, degli impiccati nella piazza, dei boschi circostanti a propaganda grafica.
Cast 6,5: il regista è il mentore di menti ottenebrate, i debuttanti hanno un'espressività che non tutto il cast può sfoggiare, la classe estetica della Johansson che va per una volta di pari passo con la bravura.
Regia 7: il gusto della messinscena che pervade, il colorismo di balle di fieno e manifesti, le piscine della disciplina, la sparatoria degli addii, la stagione dei film nominati.

lunedì 10 febbraio 2020

92nd Academy Awards/The Irishman



Sceneggiatura 6: la storia di Hoffa era già stata raccontata da Hollywood, l'intreccio tra mafia e sindacati un connubbio vitale dell'era ruspante negli automitizzati Stati Uniti d'America.
Scenografia 7: location sparse, scelte con grande cura nel testimoniare i Fifties, il confronto non ancora perso con Google Maps per la bravura degli inscenamenti.
Cast 7: tre monumenti di differente peso, tre spessori di dialoghi portati avanti con la partecipazione di sempre in un plot di ridondanze ed effetti deja-vu.
Regia 6: il caro Martin è rimasto ancorato alla narrazione ipertradizionale, di scene descrittive lunghe, il sentore di vecchio che domina al di là di un'anagrafe prurtroppo severa con tutti.

venerdì 7 febbraio 2020

92nd Academy Awards/1917



Sceneggiatura 8: come personalizzare l'ennesimo film di guerra della stagione degli Oscar, il focus individuale a garantire ritmi introspettivi in assenza dei consueti effetti speciali.
Scenografia 6: trincee lunghe e strette, pozzanghere di cartonato, rovine imponenti senza pretese di veridicità, qualche inatteso riflesso romantico nella notte dei fuochi.
Cast 6: sergenti sempre imbalsamati, nemici per una volta sgravati dall'odio del diverso, due giovani interpreti che hanno le stesse paure dei loro personaggi.
Regia 7: scomposizione in tre parti: una marcia intima e coinvolgente, lo zenith della paura tra le luci di ricostruzioni discutibili, il ritorno sui binari usurati della filmografia di genere.

giovedì 6 febbraio 2020

Letteratura sarda/Soriga


Affresco favolesco che conquista sin dalle prime righe in un turbinio di parole molto attraenti, tra l'empatia per i personaggi e le cronache veritiere di una terra devastata da tutti, in primis dai suoi stessi abitanti. L'escamotage conclusivo è solo un altro esempio di bella scrittura, il finale amaro che non cancella le vibrazioni anche citazioniste di una storia riuscita. VOTO 8

 

92nd Academy Awards/Joker



Sceneggiatura 7,5: studio del personaggio, altra variante a introdurre filoni che prospereranno, minime attinenze con personaggi originali in un dramma nerissimo che smaschera l'inconsistenza di ogni gruppo precostituito.
Scenografia 7: sfilano la linea C e i borghi periferici di NYC (Brooklyn, Queens, Newark NJ), di nota bruttezza, accentuata dall'ambientazione nella 'Gotham City' primi anni '80.
Cast 8: la risata maligna di una persona con problemi mentali, lasciata ancora più sola dalla società, e l'aplomb esagerato di chi si prende una pallottola in cranio, tra i clowns che agghindano un vagone della metro di pause sindacali.
Regia 7: Phillips improvvisa, c'è tanta carne al fuoco in un lungo finale schizzato, a tenere in piedi dopo un avvio troppo convenzionale la fama della pellicola oltre all'eccezionale performance di Joaquin Phoenix (a metà tra lo sfortunato Brandon Lee de Il Corvo e il veterano Day Lewis di Nato il 4 luglio, n.d.b.).

mercoledì 5 febbraio 2020

Consigli per la lettura/Puglisi


Esordio fulminante, pronti, via e ci ritroviamo catapultati letteralmente nella Sicilia di provincia, tra i bar, le spiagge, i luoghi per concerto, le macellerie, gli appartamenti, le barche e soprattutto le strade di Augusta (e più avanti di Catania), e subito ci prende il desiderio di vivere i luoghi in prima persona. Il testo alterna parti di narrativa tradizionale a momenti più introspettivi che non di rado trascendono nella poesia urbana. Le vicende sono universali, tra l'alcool, la noia, la cultura, le passioni e i sentimenti che oscillano a livelli mutevoli lungo lo spettro del tomo e delle nostre vite, un break narrativo sublime con un excursus calabrese a spezzare la quotidianità prima che diventi abitudine. Inseguiamo ogni giorno il nostro film personale, senza magari crescere e morire dove siamo nati, che le radici non esistono. Da grande pubblico, senza la mediocrità dei prodotti da grande pubblico. VOTO 8+