martedì 17 gennaio 2012

Cinema russo/My Joy




Sceneggiatura 10: c'è una punta di dostoevskijsmo in questo labirinto di cui non si perdono le tracce nella minima scomposizione temporale degli eventi, l'urlo che pervade la spirale di violenza gratuita è quello di un animale morente senza speranza di salvezza (notably l'orso russo, n.d.b.).
Scenografia 7,5: vecchie dacie abbandonate sotto il peso della neve, posti di blocco di soprusi e favori sessuali, mercati di paese di carrellate di visi umani morti nella vascolarizzazione, boschi di taiga europea a rendere ancora più amaro il verdetto conclusivo.
Cast 7-: tra la trasognatezza dei tempi da camionista e la barba muta del mercante solitario si perde qualche grammo di realismo nell'interpretazione nemetsiana, ferma restando la monumentale critica collettiva a un sistema di autodistruzione con tricolore slavo.
Regìa 9: il paziente perfezionamento della tecnica documentaristica paga una resa spettacolare, inaudita per un'opera prima, stillicidio di immagini lente trasportatrici, dialoghi di una pochezza specchio, monitor che descrivono una realtà dallo stesso punto di vista, il placido ritmo delle campagne sterminate per sempre in balìa degli eventi.

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