giovedì 26 gennaio 2012

64th Cannes Film Festival/Von Trier



Sceneggiatura 8: un prologo estetico e risolutorio (sulla cui utilità qui si eccepisce, n.d.b.) lascia spazio al  dramma apocalittico con la d maisucola, vissuto dagli occhi femminili della finta misoginia nella solitudine dei campi magnetici impazziti, tra fenomeni naturali (neve, grandine) che potevano avere più spazio.
Scenografia 7: una sola location, un limite ben sfruttato di esterni illuminati ad arte e tonalità grigie di un isolamento annunciatore, a riflettere le due parti della storia.
Cast 8,5: la Dunst è come un vecchio tempo latino, più che perfetta, disperazione precoce di sentimenti scombussolati e rassegnazione totale della fine imminente. Qualche smorfia di troppo per una Gainsbourg comunque sempre all'altezza, realismo alla massima potenza anche per un rinato Sutherland.
Regìa 9: non fosse per qualche zaratustrata iniziale di troppo, il massimo dei voti premierebbe questo capolavoro di angoscia cinematografica, capace di alternare una steadyshot dogmatica di vestiti bianchi e prati verdi con una lentezza paralizzante indirizzata all'inevitabile, tra cavalli imbizzarriti e pillole che non si trovano, il pianeta che si avvicina un incubo ricorrente degno della storia del cinema.


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