martedì 17 gennaio 2012

Collezioni/Wallace Krimis





(6/6/6,5/6,5)
Wallace paradigamatico tra colpi di genio e ingenuità (mostruose con il beneficio dello screening postumo), colpevole facilmente individuabile, un gorilla in maschera che salta su un motoscafo nella  Londra impolverata di limousine nere e monache bambolaie. Hortstrappo nelle prove del suo Derrick in salsa erotoinglese, memorabili i toni di rosso già baviani del pub/bordello. 




(6/5,5/7/6,5)

Un bianco e nero estremamente estetico impatta sulla pellicola con la forza delle suggestioni dei grandi maestri, Wallace inventa uno 'squalo' fiocinante che si nasconde tra le operazioni di una banda di ladri in una taverna (Mekka) poco londinese e molto amburghese, ma ancora una volta l'assassino si riconosce sin dalla prima apparizione. Canottieri e Parlamento nella nebbia, omicidi tra il probante e l'assurdo, Kinski già grande di follia congenita.





(6,5/6,5/6,5/6)
Girandola di personaggi e situazioni tra il bianco e nero di Speicherstadt e gli occhi non vedenti di furgoncini bianchi e gestori di casino, cimiteri di croci protestanti e vicoli acciottolati di commissari intraprendentemente recitanti. La nota London amburghese in un giallo che tiene con meno sbavature e meno lampi rispetto al remake gorillico.






(6/6,5/6/6+)

Giallo iperclassicamente inflazionato, il testamento di eredi in case isolate tra temporali e cadaveri assassinati in progressione, l'atmosfera pesante del bianco e nero arricchita con particolari architettonici da studi berlinesi, cavalli e teschi, calchi in gesso e sedie semoventi, Kinski nel ruolo dell'artista maledetto e drogato. Non c'è naturalmente il finale alla Agatha Christie, Wallace vive di passaggi segreti e sospetti che si trasferiscono di laccio in laccio.





(7-/6/5,5/6)

Longevità di mistero, il teschio spunta con fare comico-horrorifico, l'accento sull'overacting a sminuire lo stile nitido vohreriano, primi piani e scene girate con arte, il grigio della City, il fumo della London del titolo italiano, l'infermiera e il primo sospettato a invertire il trend di tombe di plastica e risate a nastro. Vecchio e decrepito lo scorpione che uccide di veleni acuminati.





(6+/6/6,5/6+)

The Ringer senza Mary Lenley è come London senza il Tamigi, ma la versione originale ritiene molti degli elementi fortunati, non particolarmente sottolineati da una sceneggiatura easy che campa di storie d'amore e vita mondana, il giallo tutto mosso a far sospettare della persona sbagliata. Un bianco e nero ancestrale di scene girate a Trafalgar e negli studi berlinesi.





(6+/6+/6/6,5)
College girls murders, il monaco con la tonaca rossa e la frusta, gli scienziati pazzi e i topi morti, la bibbia assassina, il decalare dei sospetti in una scuola mattonata germanica psuedolondinese, memorabili i toni azzurri della piscina di sessualità represse. Vohrer da rivalutare, riprese sempre originali nei limiti della linearità wallacetramica.





(7/6/6/6,5)
Mistero wallaciano atipico di colpevoli insospettabili, il serpente atto primo, Kinski figurante pazzo del delatore, un caravanserraglio animale tra tartarughe, tigri e gioielli rubati, l'Amburgo mattonata London di comodo a South Bank anteparcogiochi. Drache ancora nella parte del buono che le versioni colorate della Rialto Film addosseranno a Horstrappo. 




(6,5/6/6/6+)
Già settantiani i toni coloristici di cani neri e statue grigie, mattoni marroni e acquitrini azzurri, l'ovvio in agguato si perde dietro i soliti omicidi in successione, alcuni dei quali congegnati da protohorror secondo la vena dei tardi Krimi, una locanda e un castello dove rimescolare le carte con presenze cfiane e vecchi marinai gabbati. Esterni tedeschi di Pomerania.

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