martedì 9 ottobre 2012

Flags/Mongolia


Into the realm of Genghis Khan

Now we have that one as well. La stanza sotterranea non ci accoglierà la seconda volta. Albeggiava. E i monti si sussegguono bassi e spogli, la strada sterrata padrona di affermare che il cielo si fonde con la terra. Procedure semplici, attese lunghe, la Sansar dei bus zeppi non ci sedurrà, palazzetti dello sport e ristoranti indiani. Il cartello c'è, la padronanza dell'inglese no. Appena atterrati sembra quasi di essere in una delle repubbliche dell'Asia centrale, tanto è evidente il retaggio sovietico. Forse nel miraggio di trovare gli ancestors. Ma la valle dei tetti colorati va ben oltre la British school. Dal traffico imminente, dallo smog incipiente emerge il ponte dei cinesi della vecchia Treccani, nel passaggio di bimbi di strada e outlet del cashmere. Polveroso, è quello, è quello. Le piee colorate metà cinesi e metà americane nei cortili condominiali. Svolta di là, e il torrente segna il confine distrettuale, una macchina ferma e si torna indietro. Pareti verdi. Quadri di idilliaca Germania paesana. E le scale gradino per gradino, il passeggino nella stanza larga, Mallo e Rebbo con la seconda scelta, Samsonite vera e falsa. Dal cantiere cadono pezzi di legno. Il ristoratore non convince, la digitale lenta. C'è stata una grande festa popolare per l'inaugurazione di Vuitton. Laterali nascoste di ristoranti cosmopoliti. Felpe Gap fucsia. Cancelli chiusi e memorie che vagano in maniera frizzante. Il malto di Chinggis. Lamaismo e sciamanesimo a venire. Turisti coreani. La notte di UB. Le sirene verdi e le hamburgherie berlinesi. Il semaforo che scorre e il bancomat della commissione. Le pupù telecomandate. Ponteggi. Troviamo rifugio in una birreria ceca dall'ambiente fumoso e accogliente. Speriamo che non arrivino le zuppe. Tsuivan (sarà ripetuto veg nell'ultimo vagito derrickiano). E nel freddo che scende una piccola bambina per l'ultima corsa della notte. La degustazione offre thé britannico e mele della Nuova Zelanda. Importano tutto. Era chiaro già da Dino's. Segafredo di cocci da pagare. Guanti e cuffia. Il borsello verrà? National Geographic e turisti locali. Attraversano la strada coi vestiti tradizionali. Cadaveri e mostri, ancora, sempre. Dragoni cinesi e Maciachini Center-like. La luce calma delle gher e degli ovoo. Rampa e fango, porte verdi e piastrelle azzurre, la rabbia dei cani a distanza. Fotografi dilettanti alla prova del buddismo tibetano. I piccioni sono giustamente parte dell'iconografia tradizionale, alla pari della strada che conduce a destinazione, e l'alga sfugge alla catalogazione nel barbecue americano di Happy Birthday to you. Il primo caffé letterario (postumo). Ristoranti futuribili. Carla e Buyan. Gobi e Goyo. Exclusive. Russia e Kazakhstan. Cina e Giappone. Scale mobili e acquisti che proteggono mani e colli. Non è tardi per Genghis Khaan, il sonno della notte finisce con una zuppa che lascia strascichi a buuz e khushuur. Mutton? Beef? I guess it's mutton. La piazza dei pub. La divisa d'ordinanza. E alle 9 del mattino anche Zola ci onora della presenza. contare i dollari l'unico compito effettivo. Kaiser oder Selena? Heading east, statue circolari e supermercati,  case di villeggiatura a punta. A Nalaikh vive una minoranza kazaka. How do you know it? Different traditions (persa la moschea nelle indicazioni edtiane). E' lui Genghis? La statua alta 40 metri, il monaco sorpasserà largamente il dono dei francesi. 500 ingegneri. Not really a coffee. Resort, qui inizia il parco. Rocce granitiche e foliage giallo. A pranzo tre piatti, la sera una birra per il driver (e il vino francese annegherà i toktoj), la tenda ha i suoi bravi spifferi che faranno raggelare nella notte dei cerini buttati e della prima neve caduta, chiamata da una bambina che faceva il verso degli zoccoli dei cavalli. Il Suv si ferma e torna indietro a chiederci un passaggio, ma non è un film horror americano, è solo la fine di un pomeriggio visitante tra tartarughe e felicità, dinosauri e meditazione. Eroe rosso, eccoci di nuovo, ti attraversiamo in una nube di gas di scarico, il black market, la stazione della Transmongolica. Karaoke pubs & Korean restaurants. Le mille notti dell'addio al celibato. Do you want to take a photo? Please skip that. Lun il villaggio dei noodles e dei vestiti regalati alle bambine. Il sonno cancellerà entrambe le volte Erdenesant, Rashaat la rinascita estetica dei villaggi per le soste dei mongoli. E i nomadi in sella alla moto installano pannelli solari. Quattro spostamenti per quattro stagioni. D'inverno gli animali sono protetti da ripari in legno, e si muovono di meno. 50.000 tughrik per un'ora. Due gobbe contro una del ricordo egiziano. Dangerous. Ciccì. Mamma, quello cotta. Unfortunately here we don't have such advanced toilets like yesterday. I graduated at the Imperial college in London. Se ne va prima. L'acqua calda a tavola. Non è piccolo, è ricco. E ha la vegetazione. E non ha i fossili. E il solito ghiacciaio pacco. Honestly I think Northern Mongolia is the best. And Central Mongolia. Piee sulle dune, fatica ricompensata. Il tramonto si muove verso ovest. Only 80 kilometres. Il nuovo museo, la grande scoperta. La traduzione simultanea, le statue del corredo funerario. I motivi tradizionali e il minimal. Negozietti di souvenir, aquile ammaestrate. Avvoltoi. C'erano una volta gli Unni cantati da Venditti. E Kubilai spostò l'equilibrio in Cina. Bianchi e rossi, bolscevichi e nazisti. Al mattino erano tutti ancora addormentati, compreso il sole. L'highlight del viaggio arriva con le 108 stupa, con i monaci che chiudono la porta posteriore e portano un po' di hiking nella ricerca del colore dei nastri colorati sulla testa della tartaruga punto cardinale. Altro che vecchio che legge un libro. Altro che mappa imperiale. Altro che roccia fallica. Gli scatti del Pulitzer sacrificati al latte. E il lungo ritorno salta Cashmere world nel percorso a passo di nuova vettura per lo stop del giovedì tra Piramidi false stazioni metro comuniste e preistorie del commerciale Singer. Il tetto blu è giallo. SSFLM. Dublin, l'omaggio è evidente, la veracità irlandese nell'arredamento elegante, tortine del Nomin, poi un Hot Pot a pareti e birra scura Kharakorum. La bottiglia di vodka nel privé. Il ritorno senza gli energy drink e le caramelle polacche. Nettamente Netta o campo di zucche? Bogd Khan e seconda parte, bimbi americani che corrono. Comitato olimpico. I kazaki si spostano davanti. Broadway o la cucina elegante degli spaghetti agli spinaci. Animali imbalsamati. Il tesserino al collo. Passeggin passeggin. Ed ecco in lontananza altri cantieri, altri condomini in costruzione, ma il memoriale sarà bocciato, la statua dorata immaginata solo in foto. Studenti. Un'ora e mezza in bus. Affitti cari. Wifi ovunque. Gher shop. E per finire lo scheletro del grande sauro, c'è anche chi non ci crede. La notte ha il buio sentore dell'imminente perdita delle cose belle. E allora auo, l'ultimo, forse, gratis.

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