venerdì 15 marzo 2013

Flags/Sri Lanka


LA TERRA DEI BUDDHA E DEI TUK-TUK

Il passaporto nella fotocopiatrice, la paletta sulla rampa, le chiavi nel gabbiotto, il nuovo terminale, la corsa senza sosta; tutto evapora in una nuvola grigia e violetta, nel sonno ingannevole di palme a perdita d'occhio e terminali datati di visti elettronici. Il cartello premia la consegna dell'Automobile Association of Ceylon, una telefonata per rientrare, i three wheelers che non si chiameranno più così, una guida pessima e una mappa non aggiornata per compagne di viaggio. Balneazione lontana di insegne colorate, verde e rosso, edifici coloniali, reminescenze di canali, il caos della stazione dei bus, la prima Clock Tower, Negombo ha il respiro tranquillo di un espresso in un cortile colorato a depliant e pesci rossi. Nel piacevole alternarsi di elementi architettonici di quattro o cinque religioni, la pulizia come prima impressione e l'alacre lavoro governativo sulle strade che non ospitano più Tigri, passa Dankotuwa ancora ignota di showroom e fabbriche di tegole, la foresta palmifera incantevole che trapassa ogni aspettativa tra laghi ricorrenti e colline morbide di pannocchie ombreggiate. Kurunegala si annuncia con il classico buddha bianco sulla roccia che emerge dalle viscere della provincia occidentale, la gente mangia con le mani nelle caffetterie che servono cibo a tutte le ore tra lo shopping castigato e le ascese impervie per i servizi igienici. Il mercato della frutta, le biciclette, la diga dei due sensi di marcia, l'accoglienza è fenomenale tra gli uccelli del birdwatching, la piscina dei rampolli della capitale, le Lion in offerta al bar dell'aperitivo, i teli verdi dell'Ayurveda, i bungalow a decorazioni floreali, il buffet di cucina locale e il vino rosato di importazione italiana, tempered potato e wattalappam. Amaya Lake nostalgia, la guardia firma ricevute, biglietterie nascoste, buddha dorati di costruzione giapponese, scalini per ottantenni e scimmie che rubano coca-cola, nice shoes you have, il tempo per la preghiera a inframmezzare l'apertura e la chiusura delle porte sul mondo magico delle statue rupestri, delle ninfee e dei vestiti bianchi. Laterali e strade che non si prenderanno, statue sparse, moschee verdi e buddha arancioni, templi indù rosa e blu, chiese cattoliche gialle. Anuradhapura sorprende per estensione, controllo cartografico di ATM e pompe di benzina, cartellonistica presidenziale, rotonde a elefanti, un'indicazione nel dettaglio, piscine in costruzione e allegre brigate australiane. Il tuk-tuk e la sua corsa, il percorso noto e stremante tra le fenomenali rovine della più antica capitale, stupe bianche e pagode in mattoni, colonne votive, pietre lunari e immancabili statue siddhartiane, il colore delle offerte votive e delle bancarelle di frutta, l'arancio del tramonto all'albero sacro recintato, Mihintale sacrificata dalla mancanza di allenamento di zaini da 6 kg. Today is the first day of rain of the season, i tergicristalli partono per una volta a ragione, nelle pozzanghere dei king coconuts, nelle distrettuali poi chiuse che aggirano mezzore turistiche di cani sulla strada per raggiungere la famosissima roccia dell'Unesco dal lato più nascosto di profili lacustri e turisti a dorso di elefante. Sigiriya, k-way e piedi nudi, fango e scalini scivolosi, pitture di paesi noti nella profondità dei tempi, sei mesi di pianura, sei mesi di troni impervi, la guida che parla italiano e fa i complimenti, turisti indipendenti, un tronco per amico, la famiglia e le vertigini. La sindrome del sedile di Morfeo, e scorrono località bordate da acque dolci per militari di professione, pub di villaggio, caserme in scuole prestigiose, esercitazioni lontane di realtà pacifiche, Polonnaruwa nella pioggia battente, The Lake, uccelli rumorosi e lattine di birra. Il tuk-tuk fiuta l'affare e ricicla biglietti già usati da altri visitatori, il galoppino grasso spedito a farsi l'usuale percorso, tra top discutibili e buddha sdraiati di tettoie protettive antiestetiche, splendidi templi nella giungla del sincretismo hindubuddista, il marrone scuro del mattone bagnato nella francofonia dominante spezzata dalle scolaresche locali di uniformi bianche e blu. L'arrack che si sacrificherà allo scalo, la luce del mattino porta operai al lavoro e secondarie di fiumi e villaggi sperduti nel famigliare scenario di pianure a palme, lo sterrato rosso fa saltare il cerchione da 5 euro, le fabbriche di componenti industriali nell'intervallo vuoto, Matale piccola capitale di centri dedicati alla fatiscenza e fabbriche di porcellana ancora una volta colpevolmente ignorate. Il traffico in entrata su due corsie di veicoli cari per il mercato locale, tuk-tuk neri, autobus immancabili di linee dall'1 al 442, piccoli camion e tir schegge impazzite, copricapi bianchi e valli senza sole, segnaletica carente di incroci per colline a buddha e parcheggiatori solerti chiavi in mano al retaggio coloniale della regina. Il wi-fi dominante, lo scialle insufficiente, il pavimento che scotta, la porta che non funziona, il questionario alla reception, il matrimonio dei fotografi, il dente la reliquia portata in giro dai pannelli dipinti. Kandy ha lo charme della piccola capitale, un museo di reperti mal valorizzati, fiori votivi e un lungolago di studenti e anatre, getti d'acqua e piante in fiore, la gemma dell'Unesco al centro del percorso obbligato di elefanti rossi e animali mitologici con coda di coccodrillo. E sale il tuk-tuk sale, e scende il tuk-tuk scende, traffico incanalato e l'università del sobborgo, elefanti arancio e ruote gialle, rosse, blu e bianche, l'avenue di palme ombreggiata di orchidee nelle serre e bouganvillee di sfondo al cielo azzurro, un Dilmah d'ordinanza nel riposo dei camerieri in uniforme. Ceremony time 5 AM, le note di pianoforte sfumate dai sari sfarzosi, il Temple loop un bluff sostenuto di restauri impellenti (Gadaladeniya) e posizioni imponenti (Lankhatilake), una bottiglia di Coca-cola per strade in discesa di attraversamenti ferroviari continui, orfanati di proboscidi, provinciali a villaggi islamici permanenti e fiumi di fauna equatoriale. Il ceffone schivato, la targa ammaccata, l'assicurazione e l'inglese, il cartello e la fila, Southern Expressway la concessione cinese al turismo dai potenziali enormi, poche automobili in direzione delle spiagge del sud caldo e agognato. Dharga Town, Aluthagama, Moragalla, Beruwala, Bentota, toponimi di realtà marittime di villaggi vittime dello tsunami del 26 dicembre 2004, un video mostrerà l'onda nella calma dell'appartamento, i resort ricostruiti e i negozietti forniti di maschere, elefanti, sari e t-shirt false e originali. Il pesce si sceglie a vista e la conversazione decolla, i cavalloni non abbastanza alti per il surf, la sabbia fine di barche colorate di pescatori e ristoranti per poche rupie, gli elementi decorativi a spade e laghi artificiali, un varano che si ciba di rifiuti, mosquito men e mance a gò-gò. 300 km oltre il limite della Malkey, l'escursione a Galle parte con l'aquaplaning e finisce con la batteria scarica, i fari accesi nell'attesa coloniale di ospedali olandesi, le telefonate tra i suggerimenti inutili e la curiosità dei photo-shooters, una crepe salata in più sensi, Barefoot sconfitta nettamente da Odel. La scuola montessoriana cade a pezzi di tetti che grondano acqua, i cappelli di paglia rossa abbelliscono i patii degli hotel di charme, i vestiti da cerimonia non sono lavorati a mano, i teloni si spostano dal campo di cricket per il test match col Bangladesh, le mura polveriera sono presidiate dall'esercito in uniforme marrone. Il tramonto sull'oceano Indiano privilegio dell'ultimo tentativo, la ricorrenza in arrivo vale dieci stelle, l'area di servizio scintillante, le strade di avvicinamento polverose di stazioni ferroviarie e laterali a motel di concessionarie auto, si finisce sempre in Galle Road, i negozi di moda onnipresenti, gli alberi piantati a confortare il caldo più opprimente dell'isola. Colombo, bandiera sporca, gallerie d'arte contemporanea e vestigia del commerciale, templi di iperattività e centri di meditazione lacustri, apple soda, coppiette e studenti, cantieri e stadi, hotel di lusso e moschee dalle cupole colorate. Fort ricorda i Duran Duran, la dittatura delle banche, tre dominazioni europee passate, fregi e bancomat, mattoni a vista di storicità e alfabeti colorati, sbarramenti militari di pranzi alla fabbrica di cioccolata del devilled chicken e della spa di turno. Cinnamon Gardens imporpora lo shopping di sciarpe di seta e camicie di lino, libri di cucina e polo sgraziate, i comignoli bianchi della moschea a specchiarsi nel rosone della cattedrale anglicana, il negozio di porcellane di seconda scelta affollato per i regali delle grandi occasioni. Kotte, bandiera pulita, nel mercato dei fiori si riflette il cielo nero dei parlamentari in permesso premio, le barche ancorate al molo della vista panoramica, panchine di chiacchiere e giardini di marciapiedi di nuova progettazione, la vecchia-nuova capitale sobborgo dimenticato di ospedali, atenei satellite, school cricket e McDonald's. Restano i grandi festeggiamenti, il Galle Face Green di quotidianità a profumi e aquiloni, i fuochi d'artificio dei pub che trabordano caraffe di birra, le tenaglie dei ristoranti che servono granchio nella cornice elegantemente a vista di un cuoco di fama internazionale. E c'era un grillo, in un campo di lino, la formicuzza...

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