venerdì 28 giugno 2013

Flags/Bangladesh


CRONACA DI UN VIAGGIO ANNUNCIATO

Nessun bambino chiama papà, Ischia una carta da non sprecare, la ricorrenza ogni dieci anni girata sul volersi autocitare con 'vecchia guida ce l'abbiamo fatta'. Tangail per chi ancora non conosce Gouripur, l'italiano che risuona sul volo intercontinentale spezzato solo da Ammu e Abba e una scossa elettrizzante nella notte dell'atterraggio sulla pista bagnata. Il visto on arrival è più veloce di quello già sul passaporto, taka e zeri, tra i cartelli ne manca uno, quello del taxi autorizzato in limousine verso l'oasi di Gulshan. Il dèja-vu è fortissimo in un'alba corazzata, si spegnerà col tempo nella tropicalità che assume i contorni del primo top hitter di questa città. Dhaka, o Dacca (cit.), è la carica dei 101, un rigurgito d'orgoglio per chi ha mollato, una lunga serie di muri a scritte pubblicitarie e subito la suggestione dei ponti pedonali che attraversano le strade non ancora trafficate. Allah, Allah, cantano le bambine, i ponti in cemento di nuova ideazione sono il più grande regalo che un cementificio di Hong Kong possa fare alla città, portando un nuovo landmark tra le ramificazioni lacustri del Buriganga. Il caffè della Lavazza e le scarpe di Bata, i teloni dei nuovi fast food e le impalcature delle nuove torri residenziali, Banani profuma di globalizzazione nell'afa che manda il percepito oltre i 40. CNG's, o baby taxi che dir si voglia, tutti verdi (non neri e gialli come quelli delle riproduzioni turistiche), l'amore a prima vista per le portiere a sbarre, la motorizzazione per le arterie trafficate che promettono fresh food, all day, every day. Cadaveri e mostri dell'aviazione, cupole e minareti di moschee eclettiche, murales commemorativi e cupole azzurrate, il capolavoro di Kahn si deve gustare dalla lontananza dei mendicanti e dei carrettini di frutta a lime, manghi ed ananas, mentre vanno e vengono con le nuvole i double deckers rossi e verdi della BRTC, altro landmark inconfondibile della capitale del Bangladesh. Le donne in sari presenza rara dei viali alberati, a coppie e velate, bellissime ed eleganti tra le sponde avvolgenti del Dhanmondi Lake, l'uomo umile e di curiosità modesta che si avvicinerà per vedere cosa fotografi oltre a porti le immancabili due domande: 'where are you from' e 'do you like Bangladesh?'. I sacchetti di plastica bannati perché volavano per le strade e causavano incidenti (grazie Monica Ali), diesel e benzina bannati per una politica ambientale che riduce comunque ampiamente lo smog nell'aria. This is Dhaka, and you get used to it. Pedoni che con la mano chiedono pietà a suv, utilitiarie e bus fatiscenti, elemosinanti ai semafori, parate di amenità hi-tech giapponesi e coreane nei centri commerciali dalle poche attrattive tessili locali (i prodotti della morte si vendono solo online). Dove il turismo non esiste, dove capita di passare tutta la vacanza senza incontrare nemmeno un altro curioso di scoprire questo angolo di mondo, dove i ristoranti locali a pranzo offrono biryani a un euro, il paradiso ha le tonalità di teli religiosi appesi alle pareti, tra i condomini di nuova generazione per le aspirazioni borghesi di ogni grande metropoli. Perle per tre colori, ascensori per terrazze panoramiche, il profumo del currry e del kebab, il caos frastornante dei clacson ininterrotti, Hunter copia Foster, they'll show you (if you speak Bengali). La notte del muezzin ha i riflessi arcobaleno dei fiori finti, le pennellate dorate dei sogni veri, guardie armate e ristoranti che annunciano la festività religiosa della notte dell'innocenza. Through the monsoon, I should have known that. Tra il primo e il secondo roundabout, tra i progetti architettonici grandiosi e la lenta avanzata dei marchi universali, il trasporto della gente povera (cit.) già testato, Bicycle street ad attori e ispirazioni Mughal, palafitte di un bel grigio unforme o colorate a vivacità, ci si allena tra le rampe, la strada delle concessionarie auto e gli scali ferroviari di attività pedonali tra palme e binari. Shahbagh ha molti significati, portati appresso per mesi di letture del Daily Star e qualche preoccupazione ad hartal, il paese diviso in due fazioni, la marcia contro i responsabili, le notti infinite di maree umane, i festoni rossi e verdi, le strade delle mazze da cricket. Si accampano assieme i senzatetto, le bancarelle rifugio delle radici buddiste e induiste, il razionalismo imperante degli edfici statali, Goodbye Miss Galaxy, l'eredità di Ershad una pagina comune a molte altre nazioni del mondo. Piove e i colori dei muri sembrano sciogliersi, fiori in vendita davanti all'Università, un logo ad atomo di decenni a medicina, il rosa antico del rinnovamento, spianate di dichiarazioni di indipendenza e massacri pakistani. Curzon Hall ovvero la realizzazione dei sogni architettonici, il movimento del linguaggio a tessere variopinte, le statue di vario stile e soggetto ad ogni roundabout del campus, il mercato all'aperto del giorno di festa, i parchi cintati dalla solennità politica, le rampe della Seven Cement, lo stadio nazionale delle grandi occasioni. Motijheel, la controriforma sgomberata dei fondamentalisti, banche dalla polvere degli anni '70, dubbi hotel di una prostituzione molto celata, la polizia a controllare l'accesso al culto, scale di fast food con vista, bidoni patriottici, mezzerie provvisorie gialle e nere, il retrogusto della kaaba sciupato dal tempo e dall'incuria dei fili dell'elettricità. Tra le mappe disegnate dalla solennità britannica ecco giardini rifugio del sincretismo religioso, Ramna quasi botanica di ristorazioni rosse Coca-Cola, palloni da calcio per la seconda passione sportiva nazionale, ex presidi alberghieri americani lasciati all'intraprendenza locale delle saracinesche serrate e dei sottopassi afosi arabeggianti, burkha e mascara, tuniche bianche e jeans scoloriti. A nord di Gulshan, gioiellerie e il mito locale del Best Fried Chicken, un posto di blocco, si entra nella terra delle ambasciate, e alla T-bone steak si preferiscono agnello e spigola. Ride la mucca, il ragazzo dimentica il cellulare dal fruttivendolo ambulante, scatta una foto ricordo, lascia il posto sul CNG alla donna incinta, un gattino attraversa la strada senza comprendere il pericolo, fatiscenze commerciali abbelliscono porticati caraibici. E la Deshi omelette al peperoncino accompagna la BD paratha d'ordinanza, il curry vegetariano un must assoluto del messicano da asporto di roof top sconosciuti, sonnolenza iberica su ombrelli che riparano i guidatori di rickshaw, mentre le barchette trasportano da una riva all'altra i lavoratori nel gocciolio lento dei condizionatori che perdono un grado al giorno. La ripetizione non aveva ben valutato il serraglio in vetroresina, il contributo del Kirghizistan, le scritte accompagnate dall'arabo, i sari rossi e oro, le sigarette locali, la scarsa propensione al sacrificio della distanza. E Lalbagh segna l'ingresso in una città vecchia dalle tante anime, dettagli archiettonici interessanti a ogni angolo, scuole maschili e femminili, viali alberati di bus in attesa, confessioni minoritarie nascoste alla strada, mura imponenti di ingressi chiusi e palazzi non completati. E mobilieri che bruciano rifiuti, armadi blu e viola, palazzoni di portinerie armate, stelle e mezzelune, il digradare verso la fluvialità di Sadarghat nell'apparzione di baracche in lamiera e pecore, barbieri e venditori di detersivi, capre e fango, cumuli di immondizia e lenzuola stese, caravanserragli di sale di preghiera, parcheggi di risciò, terrazze panoramiche sul viavai incessante del cuore pulsante del Bangladesh. Bibite gassate, magliette colorate, minareti in mattoni, l'indifferenza locale perfetto contraltare allo stress da contrattazione, cancelli storici e cartellonistica pubblicitaria, il flusso del movimento di carretti, moto, auto e trasporto pubblico un'altra delle perle coltivate dalla terra del Bengala. Il responso del monsone è tremendo, tra pannelli decorati e mosaici di ex banchieri, il grigio del cielo sul rosa quasi shocking delle monumentalità coloniali, il verde scuro delle palme ondeggiate dal vento sull'arancio delle fioriture, il marrone delle pozzanghere a perdita d'occhio sul bianco splendente delle piastrelle dell'arte islamica. So then, if I go away, what will still remain of me? Dove sono gli sceicchi? Chi cena nei club privati delle ambasciate? Chi comprerà aziende domani? Banglalink e l'ottima copertura, il wifi del Tropical Daisy, il cha al latte e il caffé in polvere, le piscine a disposizione dei 5 stelle, momenti di vita da ricordare in un addio in ritardo di un anno, tra le telecamere private e i dolci alle mandorle dei corridoi aeroportuali. 'Sir, when will you be again in our country?'

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